È proprio chiamato così, paradosso della privacy. Ovvero quella strana perversione umana di rivelare il più possibile riguardo se stessi su internet, e allo stesso tempo sentire il bisogno che la propria privacy venga rispettata e difesa con virilità. Il blog Sei Gradi del Corriere della Sera ha, in proposito, recentemente proposto un’intervista a Richard Allan, global manager della data policy per Europa, Medio Oriente e Africa di Facebook che vive, ovviamente, in prima linea il paradosso della privacy e del pericolo delle carte di credito. Che dice: noi abbiamo sempre cercato di rispettare le indicazioni che provengono dall’ordinamento dell’Unione Europea e lo faremo anche in futuro. Questi aspetti sono sempre stati gestiti dalla sede irlandese di Facebook, cui il bacino europeo fa riferimento.
A proposito del riconoscimento facciale, che tanto scandalo privacistico condensò attorno sé nell’anno, ricorda che: alla luce delle linee guida delle autorità in campo di protezione dei dati in Europa decidemmo di disattivare il servizio, ma vogliamo reintrodurlo quando troveremo un approccio giusto per notificare ed educare gli utenti al corretto utilizzo dello strumento. Ovvero, di quel famoso strumento che suggeriva i tag per le fotografie (gli amici del proprio network possono scoprire di essere all’interno di una foto pubblicata da altri ricevendo una notifica automatica), non se né ancora più fatto nulla, anche se: Quando riattiveremo ancora il servizio, una volta che gli organi competenti in materia delle Commissione Europea avranno stabilito le regole guida al riguardo, ci atterremo a quelle.
Sarà sicuramente possibile scegliere se tenerlo attivo o meno nelle proprie impostazioni. Poi, la domanda cruciale: E Facebook conserva ciò che cancelliamo?. Alla quale, segue la risposta: Abbiamo stabilito come comportarci in base alle indicazioni europee di data protection. Se si cancella qualcosa, Facebook potrebbe conservarlo fino a 90 giorni dal momento in cui viene cancellato, sui server. Potrebbe, ma di solito le tempistiche sono inferiori. Dopo i 90 giorni, il contenuto non è più recuperabile. Facebook e carte di credito: privacy e frivolezza. Le critiche ai due strumenti si assomigliano parecchio. Nel caso di una carta di credito, i consumatori spesso ritengono che sia il modo più frivolo di spendere i soldi perché se ne ha meno il controllo. Nel caso di Facebook, gli stessi si lamentano che il social network diventa il modo più frivolo di spendere quel proprio tempo che potrebbe essere dedicato ad altro.
Eppure, in entrambi i casi, scegliere di starne fuori comporta maggiori difficoltà per quanto riguarda le proprie necessità di spesa e sociali. Facebook è una sorta di moneta digitale e sempre più spesso avere un account diventa un elemento di valutazione per accedere a un posto di lavoro, oltre che essere una specie di minimo comun comunicatore universale. Insomma, posto che i limiti all’intrusione nella privacy vanno sempre più discussi, legiferati e fatti rispettare, in entrambi i casi, quando si comincia a muoversi, viaggiare, conoscere, a guardare dietro l’angolo di casa i pro di un account e di una carta cominciano inevitabilmente a superare i contro. E, a volte, gli allarmismi millenaristi sono ben superiori ai rischi reali. State attenti alle vostre carte di credito, gli hacker sono sempre in agguato.